venerdì 9 dicembre 2016

La Dea Bendata







LA DEA BENDATA
romanzo di Bernardino Maria Sereanari
Persiani Editore - Bologna

"La Dea Bendata" è  il secondo romanzo dello scrittore bolognese Bernardino Maria Serenari, pubblicato nel mese di dicembre 2015 dalla casa editrice di Bologna Paolo Emilio Persiani. 



L'autore











Bernardino Maria Serenari è nato a Bologna il 18 dicembre 1950


Dal padre Mario, profondo studioso di Letteratura e di Filosofia, e dalla mamma Angela Franco, insegnante di Storia dell’Arte e pittrice, ha ereditato fin dai primi anni della sua giovinezza una forte sensibilità artistica ed una vena poetica, che lo hanno ispirato a scrivere romanzi, poesie e racconti. 
Ha frequentato presso l’Università di Firenze la Facoltà di Architettura. Molto appassionato di musica, lui afferma che l’unica cosa di cui si rammarica, è il non aver potuto studiare al Conservatorio e conseguire il diploma in pianoforte classico.
Persona per sua natura carica di ottimismo (egli afferma, convinto, che la caratteristica principale di un Sagittario è essere ottimisti) oggi Bernardino Maria si sente carico di tanta energia positiva da poter ancora pensare che tutto “il bello” per lui debba ancora venire.
E’ con questa forte carica di fiducia che ad aprile 2014 si era buttato nell’avventura di scrivere il romanzo "Mal(e) d'Africa", che racconta per filo e per segno la storia di una famiglia che lui conosceva molto bene!
“Mal(e) d’Africa” (Aracne Editrice) da dicembre 2014 è una realtà editoriale. Lui aveva promesso agli amici che sarebbe stato il primo di una serie di romanzi e racconti che sarebbero stati pubblicati e cosi' a dicembre 2015 e' uscito il suo secondo romanzo "La Dea Bendata" (Persiani Editore). 
Ad aprile 2017 ha autopubblicato con Kindle-Amazon il suo terzo romanzo "Notturno di Chopin". 
Bernardino Maria Serenari vive e lavora a Pieve di Cento, e nel tempo libero, lui che vive da single, si dedica al suo cane, ascolta musica, e… scrive!


E' possibile contattare direttamente l'Autore
 per qualsiasi tipo di informazione
 inviando una mail a:

bernardinoserenari@libero.it

http://iraneresairamonidranreb.blogspot.it






lunedì 6 giugno 2016

Prefazione dell'Autore


PREFAZIONE  DELL'AUTORE  AL  ROMANZO  
"LA  DEA  BENDATA"



Ad un anno dalla pubblicazione di Mal(e) d’Africa propongo ai Lettori questo mio nuovo romanzo. 
Sostanzialmente diverso dal precedente, potrei comunque definire La Dea Bendata il rovescio della medaglia di Mal(e) d’Africa. In entrambi i romanzi è il denaro che provoca gli avvenimenti e che condiziona i personaggi. 
Tanto, tantissimo denaro! Ma se in Mal(e) d’Africa crea arroganza, potere ed una grande indifferenza verso chi ha bisogno e chi soffre perché non ne dispone, ne La Dea Bendata il denaro è occasione per aiutare e poter fare agli altri del bene. 
Partendo da una situazione quasi paradossale, quale l’improvvisa vincita al gioco di un’ingentissima somma di denaro (cosa assolutamente improbabile che possa accadere, ma non impossibile!) il racconto porta il protagonista Luca, attraverso una serie di imprevedibili avvenimenti, ad occuparsi di persone meno fortunate di lui che stanno passando momenti difficili, sia economici che esistenziali. 
Luca, durante un non previsto viaggio in California, conosce e si innamora del giovane Fabio, emigrato da alcuni anni negli Stati Uniti. Fabio rientra in Italia per convivere con lui. 
Tra loro si instaura un ottimo rapporto di coppia, estremamente sano e positivo. Fabio viene coinvolto nelle sue attività e con lui collabora in maniera molto costruttiva. 

Volutamente ho inserite nel mio romanzo l’esperienza di un rapporto di coppia omosessuale, vista la grande attualità dell’argomento in questo momento in Italia, e non solo. 
Ho voluto farlo proprio per poter dare un forte contributo alla lotta contro l’omofobia e al riconoscimento dei diritti civili nelle coppie omosessuali (e di conseguenza l’istituzione del matrimonio ugualitario) testimoniando e dimostrando attraverso il caso narrato quanto un rapporto all’apparenza diverso possa essere assolutamente un rapporto di coppia normale, anzi a volte addirittura migliore, non essendoci rivalità di genere e sopraffazione di ruoli tra il maschile e il femminile. 
La storia raccontata, densa di momenti fortemente intrisi di sana passione, di sentimento e di sensibilità umana, è la dimostrazione di quanto sia possibile, attraverso la volontà e l’impegno, dare una carica di positività alla propria vita. 
Una soffiata di ottimismo in un momento storico e culturale che al contrario ci riempie di ansie e paure. 
La  Dea Bendata  nelle  mie  intenzioni, dovrebbe veramente trasmettere al Lettore una forte carica di ottimismo e di fiducia, una lezione di vita. Essere l’esempio di come in un mondo così effimero e spesso vuoto di valori si possa essere davvero persone speciali! 

La storia e gli avvenimenti narrati, i luoghi descritti e i personaggi sono totalmente frutto di fantasia, tuttavia il protagonista Luca, che si racconta in prima persona, volutamente rispecchia moltissimo me stesso. Il suo carattere, il suo ottimismo, la sua solarità mi appartengono. 
Ma soprattutto mi appartiene la sua sensibilità, il suo senso etico, la sua moralità e (come dice Luca nell’ultimo capitolo) pure io posso affermare di non vantarmi di queste mie qualità, semplicemente leho.   
Non sono presuntuoso, ma orgoglioso sì. Se qualcuno dicesse che anch’io (come Luca) sono una persona speciale, non mi vergognerei a dire di sì, che lo sono. 
Vi assicuro comunque (come il protagonista Luca ricorda nel racconto) che è faticoso essere persone speciali, occorre tenacia, volontà, fede, e pure… un forte coraggio! 


Bernardino Maria Serenari 

 

venerdì 14 agosto 2015

... e se Luca fosse morto!


Durante una breve vacanza, per festeggiare la fine dell'anno, Luca, Fabio ed il piccolo Edo si trovano negli Stati Uniti, ospiti dell'amica Denny. 
Viene sfiorata la tragedia, quando la loro auto evita per un pelo un violentissimo scontro frontale, che certamente avrebbe provocatoo la loro morte.
L'idea della morte turba Luca, soprattutto perché, se fosse morto solo lui in quello scampato incidente, Fabio non avrebbe ereditato poi niente di suo. 
E' il problema, molto attuale in questi mesi, del riconoscimento dei diritti civile nelle coppie di fatto, compreso quelle omosessuali.


dal Capitolo 22

Quell’auto nera proseguì la sua corsa. Io dovetti fermarmi perché le mie gambe mi stavano tremando. Pure le auto in cui c’erano Denny e Samantha, che ci seguivano e che avevano assistito alla scena, si  fermarono.
Scendemmo. Fabio era pallido in volto per il grande spavento che si era preso,  il piccolo Edo piangeva e fu Samantha a prenderlo in braccio, farlo uscire dall’auto e cercare di fargli passare quella brutta paura.
Poco dopo ci riprendemmo e ripartimmo. Dovetti veramente ringraziare il Signore per averci assistito. Se ci fosse stato uno scontro frontale, se solo io non mi fossi portato quel poco più a destra, sicuramente io, Fabio ed il piccolo Edo saremmo morti sul colpo!
Credo al fatto che ognuno di noi ha “la sua ora”, nel senso che ognuno di noi è arrivato qui sulla terra un giorno preciso, che era già stato precedentemente stabilito, e ognuno dovrà ripartire un altro giorno, anch’esso già scritto in un libro divino. Il mistero, e pure il dramma, è che nessuno conosce quel giorno… forse domani, forse tra un anno… forse tra venti, cinquanta, cent’anni! Pure Fabio dovrà ripartire, pure il mio adorato Edo, un giorno dovrà ripartire, ma quando?… ed io, quando?
Il pensiero della morte, intesa come un distacco dalle persone che ami, come un addio che non vorresti mai dire, mi pervase molto, appena rientrammo dagli Sati Uniti.
La morte ci era passata molto vicina, eppure aveva scelto di rimandare il suo appuntamento con noi, e non certo perché in quell’auto c’era un piccolo bambino innocente, da salvare. No, la morte non ha questi scrupoli, non guarda in faccia a nessuno! E neppure perché c’era Fabio, che in vita elargiva bellezza e dolcezza e tanta poesia, o perché c’ero io, che avevo scelto di fare del bene, avevo scelto di amare!
Comunicai questi pensieri pure a Fabio, non certo per rattristarlo, ma perché pure lui li capiva.
Poi, finita la lunga notte di queste mie riflessioni, la mattina seguente cercai di essere molto più razionale e obbiettivo. Avrei dovuto fare qualcosa per salvaguardare Fabio ed Edo, se mi fosse accaduto qualcosa. Prima di allora non ci avevo ancora pensato.

Ma ora? Ora che c’era Edo, con tutti i diritti di ereditare ogni cosa dal suo genitore, come avrei potuto garantire che pure Fabio avesse potuto continuare a star bene?
Questo è il vero problema, non essendoci ancora una legge che riconosce i diritti civili al tuo compagno di vita, se quell’auto impazzita in America ci avesse centrato e solo io fossi morto, Fabio si sarebbe trovato all’improvviso a dover mettersi nell’ombra e non poter ereditare nulla di mio. 
Mi venne alla mente il caso di Lucio Dalla. Provai davvero una grande rabbia. 
Come? Quel meraviglioso ragazzo, quell’anima pura, che tanto amavo, che superando ogni legge mi aveva pure sposato, che aveva deciso di avere un figlio adottivo insieme a me, che un giorno aveva addirittura imaginato di sentirsi per un attimo donna, pur di concepire un figlio con me… quella divina e magica creatura, il mio "tenero e dolce pulcino", non avrebbe davvero ereditato nulla di mio!

giovedì 13 agosto 2015

Abiti Armani



Luca, il protagonista de "La Dea Bendata", una volta diventato così ricco, decide di vestirsi Armani.
In questo c'è molto di autobiografico, perché anch'io, che sono l'autore, da sempre considero lo stile Armani, sia per un uomo che per una donna, l'unico che veramente ti faccia apparire una persona raffinata, elegante. Allo stesso tempo una persona sobria, una persona di buon gusto, una persona armoniosa. Linee raffinate, non troppo appariscenti, colori unici così delicati e così romantici, in quelle belle tinte pastello. Neri che non sono neri, bianchi che non sono bianchi, un blu che non è un blu, ma un grigio che sa di blu, o un blu che sa i grigio!


Dal Capitolo 4


Ora potevo entrare in un qualsiasi ristorante e sedermi in mezzo a tutti quei turisti e a tutti quei signori in giacca e cravatta, che si capiva benissimo che erano direttori di banca, o direttori d’ufficio. Potevo benissimo essere uno di loro, anche se io quel giorno non ero in giacca e cravatta, ma sicuramente io ero più ricco di ognuno di loro. Ero vestito abbastanza bene, ma certamente non ero né firmato, né alla moda, e forse questo fatto qualcuno avrebbe potuto notarlo.
Decisi, mentre ero a tavola, che nel primo pomeriggio sarei andato in galleria Cavour a fare spese da Armani.
Da sempre io adoro le collezioni Armani e da sempre mi ero ripromesso che, se io un giorno fossi diventato ricco, mi sarei solo ed esclusivamente vestito da Armani.
Ora ricco lo ero (ma forse ancora non me ne rendevo veramente conto) e allora quel pomeriggio avrei fatto shopping da Armani.
Scelsi un abito, un soprabito, un paio di camicie, due jeans e tre maglie e alcuni accessori, oltre ad un po’ di biancheria intima. Il conto arrivò a quasi quattromila euro.



Lo show-room Armani a Bologna, in Galleria Cavour



Dal Capitolo 16


A mezzanotte della vigilia, dopo che ci eravamo saziati con cibi deliziosi e tutti ben preparati, brindammo. Poi io andai in un’altra stanza e poco dopo ritornai sospingendo un carrello fin sotto l’albero che io e Fabio avevamo allestito e addobbato.
Su quel carrello avevo disposto tutta una serie di piccole scatole, tutte legate da un nastro, ed un’unica grande scatola bianca, con un bel fiocco che annodava una rosa.
Erano i doni da parte mia a ciascuno di loro, relativamente preziosi, visto che li avevo acquistati tutti in gioielleria. La grande scatola bianca invece era il mio regalo per Fabio.
Avevo fatto quest’ultimo acquisto per Fabio la mattina che eravamo andati a Milano ad accogliere Paul e Samantha in arrivo da San Francisco. Ero andato con lui nel grande negozio di Giorgio Armani in via Manzoni e gli avevo acquistato uno stupendo smoking da sera, completo di tutti gli accessori, ovvero camicia, scarpe e cravatta. Fabio aprì davanti a tutti quella grande scatola bianca e naturalmente recitò di essere sorpreso, dal momento che sapeva benissimo che cosa conteneva. 
Tuttavia fu sorpreso ugualmente quando all’interno scoprì che vi era una piccola scatolina, simile alle altre, per lui. L’aprì e con meraviglia vide che conteneva una bellissima coppia di gemelli da camicia in oro bianco e brillanti. Mi era costata una cifra, ma per Fabio era il minimo che avrei potuto fare.
C’era una bella allegria tra noi quella sera, e così un po’ per gioco e un po’ per curiosità, tutti imposero a Fabio di salire in camera ed indossare per loro quel capo.
Quando dopo dieci minuti Fabio scese la scala, io rimasi davvero a bocca aperta, sembrava un fotomodello, un principe, una divina creatura! Mi sentii emozionato e pensai che lui comunque era il più regalo che in realtà la Dea Bendata mi avesse fatto in quel magico anno.
Fabio indossò veramente quell’abito, che non era nero ma di uno scuro color antracite, in occasione della festa dell’ultimo giorno dell’anno. La trascorremmo assieme a Paul e Samantha a Venezia, in un bellissimo albergo della Laguna.
In quella occasione, in quell’elegante salone dove si svolgeva la festa, con tanta gente elegante, un rinfresco e l’orchestra, io fui quasi geloso di Fabio. Non certo per lui, di cui mi fidavo, ma perché lui era talmente bello, con quello smoking di Armani e pure un poco abbronzato, che molte ragazze lo avevano adocchiato e con lui si intrattenevano. Anche un paio di maschi, bellissimi pure loro, io mi accorsi che lo tenevano d’occhio.



Armani a Milano, in via Manzoni



Dal Capitolo 20


Rientrammo in Italia dopo otto giorni. La nostra romantica vacanza a Parigi era stata un’ottima idea, c’eravamo riposati, rilassati tantissimo e poi a Parigi avevamo pure  deciso di sposarci.
Durante il viaggio di ritorno ci fermammo a Milano. Volevo fare un salto in via Manzoni, da Giorgio Armani, per ordinare gli abiti.
Io trovai subito per me un perfetto abito nero, di quel nero che non è nero, tipico di Armani, e lo fermai. Fabio invece ne provò diversi, ma nessuno lo soddisfaceva del tutto, vuoi per la forma del collo, vuoi per il numero dei bottoni o la taglia, troppo stretta o pure secondo lui troppo larga.
Finalmente il ragazzo gentilissimo che ci serviva (sicuramente era gay, lo sono quasi tutti i commessi di Armani!) ne trovò uno perfetto per Fabio e poi ci chiese: «Scusate l’indiscrezione, ma per quale occasione deve servire quest’abito?»
Io senza esitazione risposi, più che certo che lui fosse gay e che quindi avrebbe compreso benissimo il problema di Fabio: «Sono gli abiti che indosseremo il giorno del nostro matrimonio» .
Senza fare una piega, il ragazzo disse: «Ottimo!… lei in nero… la sposa la vedrei in bianco!… Proprio per questo modello, che ha appena provato, abbiamo anche la versione in color avorio, quasi bianco».
«A parte che lui non sarà la sposa – dissi io – comunque l’idea di uno in nero e l’altro in bianco non mi dispiace!» 
Pure Fabio si convinse che in bianco, quel bianco che non è un vero bianco, ma un chiarissimo color avorio, lui stava benissimo.
Li acquistammo e poi, dopo una rapida passeggiata in via Montenapoleone, ritornammo a Bologna.



Linea uomo in Via Manzoni



L'Arca del Santo



Io sono bolognese. Anche il protagonista del romanzo, Luca Molinari, vive a Bologna. Molti episodi narrati si svolgono a Bologna. Anche quello paradossale, ma molto significativo, del "matrimonio" tra Luca e Fabio.
Un matrimonio che non ha alcun valore, ma che i protagonisti vogliono comunque celebrare innanzi alla tomba di San Domenico, nell'omonima basilica.



La Basica di San Domenico a Bologna


Dal Capitolo 20


«No, devi crederci, faremo tutto come se ci sposassimo davvero… organizzeremo la cerimonia, organizzeremo un banchetto e poi una festa, e firmeremo davvero un contratto di matrimonio davanti ai testimoni e ai nostri amici e parenti… quel contratto non avrà alcun valore per lo Stato e pure per la Chiesa, ma noi ci sposeremo lo stesso in una chiesa, e così quel contratto avrà un valore assoluto per noi e lo avremo siglato pure davanti a Dio!»


La Cappella dell'Arca



Scelsi, per siglare dopo una Messa il nostro contratto, la cappella dell’Arca, nella Basilica di San Domenico, per un particolare legame che avevo da sempre con quel mistico luogo. Da ragazzino avevo frequentato le medie, nel palazzo adiacente la chiesa, ed ogni mattina, prima del suono della campanella alle otto e venti, passavo alcuni minuti dinnanzi a quella stupenda pala di marmo bianco del Niccolò, così detto dell’Arca, e recitavo la mia preghierina fissando quel meraviglioso angioletto di Michelangelo, a destra sull’altare, stanco, quasi seduto su un proprio tallone, e che reggeva un  pesante candelabro.
Dieci minuti prima delle sei del pomeriggio, accompagnati in macchina da Alessio, io e Fabio, nei nostri elegantissimi abiti Armani, arrivammo nella piazza, ed entrammo subito in chiesa. Andammo direttamente nella cappella del Santo, salendo quei dieci gradini e ci sedemmo nel primo banco sulla destra.



Angelo di Michelangelo sull'altare a destra



mercoledì 12 agosto 2015

Denny... Denny Monary




Denny è il personaggio chiave nel romanzo "La Dea Bendata". 
E' la persona che porta Luca Molinari ad intraprendere una ricerca in Italia di suoi lontani parenti. 
Denny Monary è una cittadina americana, vive in Pennsylvania, a circa 500 chilometri da New York, ma è di origini italiane. 
Lei aveva contattato Luca, tramite Facebook, proprio perchè lui aveva il suo stesso cognome Molinari, e lei avrebbe desiderato ritrovare in Italia eventuali suoi lontani parenti. 
Sì, perchè il nonno di Denny, Antonio Molinari, era nato in Italia e poi si era trasferito al'inizio del XX secolo negli Stati Uniti, ma all'anagrafe americana il suo cognome Molinari era stato trascritto in Monary, più o meno come veniva pronunciato.
Sarà proprio questa ricerca in Toscana, di persone che di cognome fanno Molinari, che porterà Luca a fare incontri imprevisti, che gli trasformeranno la vita. Lo farà andare in California, e così a San Francisco lui conoscerà il giovane Fabio, di cui si innamorerà pazzamente.

La storia di Denny non è pura invenzione. Nel senso che realmente io, che sono l'autore e che di cognome faccio Serenari, sono stato contattato alcuni anni fa su Facebook da una certa Debby Senery, che vive in Pennsylvania (come Denny), che mi chiese se suo nonno, un certo Antonio Serenari, di origini toscane, avesse eventualmente una lontana parentela con me.
Io sono bolognese e la mia famiglia ha le sue radici sull'Appennino Tosco-Emiliano, non ho parenti a Lucca in Toscana, per cui comunicai a Debby che sicuramente tra me e lei non vi era alcuna parentela, neppure lontana.
Chissà!... se pure io fossi andato a fare una ricerca a Lucca, come fa Luca nel romanzo, forse avrebbe potuto capitare anche a me un'avventura speciale! Magari sarei davvero andato anch'io in California, come fa Luca, e magari avrei conosciuto anch'io il mio Fabio, o la mia Francesca... comunque quello che normalmente si dice, l'altra metà della mela!



Ecco! Denny potrebbe essere lei!




Dal Capitolo 6



Saldai i conti all’hotel in cui avevo alloggiato per una settimana e con un taxi mi feci accompagnare all’aeroporto.

Dopo nemmeno un’ora di volo atterrai a Pittsburgh.
Ad attendermi c’era Denny e sua figlia Barry. Denny mi abbracciò come se noi ci conoscessimo da sempre e si emozionò al punto da doversi asciugare le lacrime. 
Anch’io mi emozionai, perché non mi sarei mai aspettato una accoglienza così calorosa da parte di una persona che comunque non conoscevo.
In macchina raggiungemmo in poco più di mezzora la loro casa a Masontown. Rimasi sorpreso, era una bellissima villa con un  ampio giardino e con la piscina. Intuii subito che si trattava di persone benestanti, se non addirittura ricche, forse più di me!
In effetti scoprii che erano ricche davvero.
Quella villa era molto ben arredata e la camera degli ospiti, in cui subito mi accompagnarono, era veramente accogliente e piacevole.
Trascorsi una settimana con loro. In tavola, a pranzo e a cena, sempre cose eccellenti. 
Non è che in America si mangi proprio benissimo, ma loro, malgrado fossero americani da tre generazioni, continuavano a cucinare abbastanza all’italiana.
Mi accompagnarono a visitare molte località della zona e mi dedicarono moltissimo del loro tempo, facendomi capire che lo facevano sinceramente e volentieri.
La loro famiglia possedeva una catena di ristoranti in Pennsylvania ed in maniera molto esplicita mi dissero che i loro guadagni erano alti.
Pure loro intuirono che anch’io avevo dei soldi, però non mi chiesero nulla al riguardo. Fui io, nascondendo che in realtà da poco ero diventato ricco per merito di una grossa vincita, che gli dissi che la mia famiglia era benestante da decenni, che i miei genitori avevano ricevuto una grossa eredità da un lontano parente di mia mamma, che dall’inizio degli anni Venti si era trasferito a vivere in Brasile.
Con Denny cercai di provare a risolvere il suo problema, ovvero quel suo desiderio e piacere di rintracciare qualche lontano parente in Italia. Mi fece vedere delle vecchie lettere di suo nonno, tutto quello che aveva, e mi fece notare come in alcune di esse ci fosse un riferimento a dei parenti che vivevano a Capannori, in provincia di Lucca.
Mi disse pure che suo nonno, che era nato nel 1885, si chiamava Antonio ed era figlio di Alfonso e di una certa Lucia Calari o Collari.



lunedì 10 agosto 2015

Perchè Fabio?



Perchè Fabio?
Una domanda interessante da farmi, come autore. Pure estremamente importante è la risposta che desidero dare.
Perchè Fabio, e non piuttosto una donna, magari una bellissima donna, affascinante, accanto ad un bel cinquantenne pieno di soldi?
E' un uomo, un ragazzo trentacinquenne, a sconvolgere la vita di Luca, a renderlo estremamente felice, a creargli nell'animo e nella mente un amore infinito, una forte passione, un grande piacere.

Una prima risposta, (più scontata e pure più opportuna), già l'ho data nella prefazione al romanzo (che potete leggere in questo mio blog).
Ma principalmente il fatto che io abbia scelto un uomo accanto a Luca, invece di una donna, è dovuto ad una motivazione per precisa e voluta.
Nella storia di Luca, ricchissimo, milionario, non poteva non esserci una storia d'amore. 
Sarebbe stato troppo facile, e pure quasi banale e scontato, se avessi  inserito una donna in questa storia d'amore!
Una donna, anche la più corretta, la più onesta, nella sua stessa posizione di entità femminile, nell'uomo con cui condividere la sua storia d'amore avrebbe cercato, oltre il sesso e il piacere, protezione, sicurezza, affetto quasi paterno, e pure (e questo non è sbagliato!) una garanzia economica, un aiuto, un eventuale sostegno, pure a garanzia della naturale propensione a creare con lui una famiglia, a mettere al mondo dei figli.
A Luca occorreva al suo fianco qualcuno che lo amasse per altri motivi, e non per quelli ovvi che avrebbero motivato una donna!
Ho voluto che il personaggio Luca Molinari, al termine del romanzo, ne uscisse come una "persona speciale"... una persona diversa e non una persona qualunque.

A tale proposito questo è ciò che lo stesso Luca dice nel Capitolo 23 

Ogni volta che mi capita di verificare un miglioramento, un cambiamento in meglio, un salto di qualità nella salute, e pure nella vita di tutti giorni, di chi ho aiutato, provo interiormente una gioia profonda. Sono felice di aver comunque fatto qualcosa di buono.
Voi direte che avendo tanti soldi forse non ho fatto fatica, io vi rispondo che non è così, non è vero.
Innanzi tutto l’avere dei soldi non vuol dire aiutare chi ha bisogno, anzi spesso i soldi creano in chi li possiede arroganza e potere, insensibilità verso i deboli, i disperati, i malati.
Certo, senza soldi anch’io non avrei potuto fare nulla, ma avendoli ho dovuto aggiungere molto di mio, la mia sensibilità, la mia emotività, la mia educazione morale ed etica, il mio desiderio vero, che viene direttamente dal cuore, di fare del bene.
Non mi vanto di queste mie qualità, semplicemente le ho.
Non sono presuntuoso, ma orgoglioso sì… se qualcuno dice che sono una persona speciale, non mi vergogno a dire di sì, che lo sono. Pure Fabio dice sempre che sono speciale!
Vi assicuro comunque che è faticoso essere persone speciali, occorre tenacia, volontà, fede, e pure coraggio.


E' proprio il coraggio la caratteristica di Luca... il coraggio di essere una persona speciale, di fare cose che altri nella sua stessa posizione, probabilmente non avrebbero fatto. Il coraggio di fare del bene, il coraggio di amare.
Ecco che amare un uomo, andando contro corrente, non nasconderlo, ma renderlo pubblico, è un atto comunque che richiede coraggio, molto coraggio da parte Luca. Nei confronti dei suoi famigliari, dei suoi amici e dell'intera società.
Quando Luca, nel monologo sopra citato, dice "ho dovuto aggiungere molto di mio" sottintende pure questa sua scelta di convivere con Fabio, creare una famiglia con lui, adottare un bambino con lui.
Se la famiglia e pure il bambino Luca lo avesse "creato" con una donna, avrebbe fatto una cosa molto normale... io, come autore, volevo invece che Luca facesse cose straordinarie, qualcosa di diverso, qualcosa appunto di... speciale!



Ecco! Fabio potrebbe essere lui!



domenica 9 agosto 2015

Il cane "Bella"



Anche se il racconto è narrato in prima persona, da far pensare al lettore che Luca, il protagonista, sia io, ovviamente il personaggio è inventato. 
Ma è pur vero però, come accade ad ogni autore, che qualcosa di autobiografico c'è sempre dietro ad ognuno dei personaggi che vivono nel romanzo che hai scritto. 
Quindi, è ovvio! in Luca c'è qualcosa di mio! Ma pure in Fabio, in Denny, in Samantha...
Però l'unico personaggio vero ne "La Dea Bendata" è Bella, il cane di Luca... nella realtà Bella è davvero il mio cane! 
E' proprio quello che è riprodotto in questa foto... sì, è veramente lui il cane che gira tra le pagine del mio romanzo!








dal Capitolo 3


Quando fui a casa, di ritorno da Milano, erano circa le otto di sera. La cosa che feci immediatamente fu di prendere il cane e portarlo un poco a spasso per le vie del paese. Lui era abituato, fin da quando era cucciolo, a stare da solo in casa anche dalla mattina alla sera. 
Fino ad allora pensavo che in fondo il cane era tranquillo, perché lui aveva la certezza che comunque io arrivavo a fargli fare pipì in cortile, a fargli le coccole, a preparargli la ciotola con la sua pappa.
Ora quel cane stava per diventare il cane di un milionario, eppure pensai che per lui la vita di fatto non sarebbe cambiata, avrebbe continuato a mangiare le stesse cose, avrebbe continuato a esternare ogni giorno tutta la sua pigrizia, rimanendo ore spaparanzato sul divano o sui tappeti, avrebbe continuato a comunicarmi con i suoi grandi occhioni tutta la felicità che provava nel guardarmi. 
Non avrebbe avuto alcuna pretesa di cambiare tenore di vita, non avrebbe desiderato alcun lusso, e pure se gli avessi acquistato, che so, una cuccia da trecento euro lui avrebbe continuato a dormire sul letto con me, sul suo lenzuolo di tela bianca… e se quel suo lenzuolo fosse diventato di seta, forse non gli sarebbe affatto piaciuto.
Allora entrando in casa di ritorno da Milano, mi venne spontaneo comportarmi da quel momento in poi in maniera diversa con lui, semplicemente cercando di stare un poco di più in sua compagnia e fargli fare più spesso niente di più che quelle semplici cose che a lui piacevano, come ad esempio andare a spasso per le vie del paese, naturalmente al guinzaglio.
Se io, in quel mese di attesa del giorno in cui sarebbe arrivato il bonifico, avessi cercato nel più sereno dei modi di passare dalle “stalle” alle “stelle”, anche il mio cane avrebbe dovuto accorgersene e così quella sera iniziai proprio col cane ad impostare i miei tempi e i miei umori, come avevo deciso sul treno di ritorno da Milano, in modo da vivere ogni momento ed ogni attimo della mia giornata con il massimo della serenità e in assoluta armonia con me stesso, con gli altri, col mondo e naturalmente con lui.

E quale miglior armonia più esserci, se non quella che c’è fra te e il tuo cane?!



Una recensione ricevuta





Ho letto “La Dea Bendata” il nuovo romanzo di Bernardino Maria Serenari, posso dire di aver letto un libro assai piacevole, scorrevole, curioso sotto alcuni aspetti.
Un libro che può essere letto d’un fiato. La storia che l’autore racconta in prima persona ti appassiona, in alcuni momenti commuove.
Una storia all’apparenza irreale, che invece si trasforma in qualcosa di molto reale… una storia che è carica di passione, di emozioni, di buoni sentimenti.
Una storia in cui prevale l’amore, il desiderio e il piacere di aiutare chi ha bisogno e chi soffre.
Sorprende molto come l’autore sia riuscito a narrare così bene una storia d’amore diverso, una storia d’amore tra due uomini, con così tanta dolcezza e purezza di sentimenti. Sorprende, e quindi piace, l’eleganza, la finezza, la poesia che l’autore usa per raccontare una storia omosessuale. Senza mai cadere nel banale, nello scontato, se non addirittura nel volgare. Mai un cedimento, mai una caduta di stile.
In particolare ho trovato due pagine, che vorrei inserire tra quelle di alta letteratura. Emozioni e poesia allo stato puro.
Nel capitolo 18, il racconto sublime di un momento molto intimo tra i protagonisti, assai denso di significato e nel capitolo 21 una riflessione profonda ed estremamente carica di sentimento.
Un romanzo, “La Dea Bendata”, che ti trasmette positività, ottimismo, senso di gioia. 
I protagonisti, sia quelli principali Luca e Fabio, sia gli altri che ruotano attorno a loro, nel conoscerli durante la lettura ti diventano simpatici, li senti amici, ti danno l’impressione e la sensazione di averli conosciuti davvero, realmente, come se fossero persone che esistono, che ti piacerebbe incontrare.
Un bel libro, scritto molto bene, un buon messaggio al lettore.
Aggiungo che ho trovato la forma di narrazione assai curata nella scelta dei vocaboli, con una attenta e moderna sintassi, un piacevole esempio di buona lingua italiana. 
Un bel romanzo. Un libro da leggere!


Ecco, vi regalo quelle due pagine citate:




dal Capitolo 18



Io e Fabio il giorno seguente decidemmo finalmente di andare a fare gli esami del sangue. Era da tempo che ci eravamo ripromessi di farlo, ma per un motivo o per l’altro avevamo sempre rimandato. 
Eravamo comunque tranquilli, anche se, per correttezza, nei nostri rapporti usavamo le necessarie precauzioni. Mi sembrava doveroso comunque, per rispetto di Fabio, andare a fare quelle particolari analisi.
Dopo alcuni giorni, assolutamente sereni, andammo a ritirare i referti. Con assoluta certezza erano per entrambi negativi.
Malgrado quello non fosse stato da mesi assolutamente un problema per noi, proprio per la convinzione che entrambi avevamo, quella conferma ci rese ancora più sereni.
Avremmo potuto stare tranquilli, i nostri rapporti avrebbero potuto diventare più intimi, più liberi e più completi, e non usarlo sarebbe stato per entrambi un grande piacere.
E quella sera, proprio per la leggerezza interiore e psicologica che ci aveva pervaso, fu una sera speciale.
Ci sentimmo più che mai rilassati, il nostro rapporto d’amore fu intenso, senza più quella sottile membrana che ci separava.
Al termine, appagati e felici, Fabio mi era accanto sdraiato con il corpo leggermente poggiato a un mio fianco, sentendo dentro di sé la mia linfa, la mia essenza, il mio seme.
Sottovoce mi sussurrò in un orecchio: 
«Sono fiero ed orgoglioso di essere maschio, nel volto, nel corpo villoso, nel pene… mai ho avuto e vorrei avere parvenze femminili, mai potrei coprire di trucchi il mio viso, o indossare abiti da donna, ma in questo momento, in questo magico momento per noi, così nostro, così intimamente nostro e privato, cosa darei perché la natura impazzita potesse creare nel mio ventre un embrione, e potesse rendermi capace di darti un figlio!!»
«Oh Fabio! mio Fabio!… magica, divina creatura!… chi ti ha mandato?! chi sei?»
Provai un’emozione talmente forte, che non riuscii a trattenere le lacrime e poi ancora gli sussurrai:
«Mai avrei creduto che qualcuno mi avrebbe detto ciò che mi hai appena detto!… mai avrei immaginato che così poche parole, così dense di amore e di tanta poesia, avrebbero creato dentro di me un così violento terremoto emotivo… sono immensamente felice e commosso!»
«Amore mio, non piangere… ti ho detto semplicemente ciò che mi viene dal cuore, ciò che sento… sono stato estremamente sincero… anch’io mai avrei pensato di dire a qualcuno quello che ti ho appena detto».
Fu un momento talmente sublime e profondo tra me e il mio amato Fabio, che percepii quanto grande e infinito fosse veramente l’amore che stavo provando per lui.



dal Capitolo 21



Sdraiato sulla sabbia bianchissima di quell’atollo sperduto nell’Oceano Indiano, in un silenzio irreale, in una solitudine magica, provai veramente emozioni molto forti.
Davvero quello era un paradiso terrestre!
Meditai, pensai molto, mentre Fabio sdraiato ad un metro da me, quasi sorridendo, dormiva.
Lui sembrava davvero qualcosa di irreale, di impossibile a credere che fosse lì, proprio con me, accanto a me, soli in quel fantastico luogo, veramente un paradiso terrestre!

Il suo corpo come fosse scolpito, senza un difetto. La sua pelle come fosse di marmo, liscia, lucida per l’olio abbronzante, senza una macchia, senza neppure uno stupido brufolo, e con indosso solo quell’aderente costume da bagno, stretto, basso di vita, che faceva trasparire ed immaginare ciò che stava coprendo. Ma io non avevo alcun bisogno di immaginare, ero l’unico che aveva il privilegio di sapere che cosa davvero copriva.
Meditai, pensai molto. Al tempo stesso un sottile piacere, quasi un senso di eccitazione, il desiderio di entrare completamente dentro di lui, entrare completamente dentro il suo corpo ed essere noi due una sola persona.
Perché lo amavo così tanto? Perché avevo così bisogno di lui? Al punto da arrivare ogni giorno, in ogni attimo del giorno, a desiderare di penetrare la sua mente, il suo animo e pure il suo corpo. Quel corpo così bello e perfetto, puro e a volte innocente, che racchiudeva all’interno un’anima così altrettanto pura, e anche a volte altrettanto innocente.
In Fabio non c’era malizia, non c’era voluttà fine a se stessa, non c’era esibizionismo, eppure anche lui era carico di tanto erotismo, provava piacere, arrivava ad orgasmi sublimi.
Perché io? Perché Fabio?
Eravamo noi forse così speciali, da essere stati scelti dall’Alto, per rappresentare l’amore perfetto?
E tutto questo in un mondo così tanto sporco, fatto di bassezze morali e non solo, uomini e donne che si vendono al piacere... della droga, dell’alcol, del sesso, che prostituiscono senza scrupoli la propria anima ed il proprio corpo, per pochi denari.
Un altro Fabio, diverso, se lo avessi incontrato, avrebbe fatto ogni cosa pur di essere mio, certo fingendo affettuosità e fedeltà, pur di disporre di quel mio denaro, pur di vivere senza problemi, accanto ad un uomo, in quel caso imbecille, ma ricco, che avrebbe creduto al suo amore.
Fabio non era così. Mi amava veramente davvero, dal suo più profondo e sono certo che se all’improvviso la Dea Bendata si fosse pentita e fosse tornata a riprendersi il suo denaro, facendomi ritornare quello che io ero prima, senza stipendio, senza un centesimo in tasca, Fabio non mi avrebbe abbandonato, avrebbe continuato ad amarmi, a condividere con me il mio star male, la mia povertà, ad aiutarmi.
Fabio si svegliò, aprì gli occhi, si voltò verso di me, mi fece un dolce sorriso. 
Chissà se aveva percepito quello che stavo pensando? Forse sì, perché quel tenero e dolce sorriso, sembrava proprio in quel momento una risposta di conferma e di approvazione, come se avesse davvero ascoltato i miei strani pensieri. 
Ne fui convinto, quasi come se noi veramente fossimo una stessa persona.



"Davvero quello era un paradiso terrestre!"